L’attacco israeliano avvenuto nelle ultime ore ha segnato un punto di non ritorno nello scenario mediorientale. Per la prima volta, i raid non si sono limitati alla Striscia di Gaza o al Libano meridionale, ma hanno raggiunto un territorio tradizionalmente considerato “zona neutra”: il Qatar. Le esplosioni hanno scosso la capitale Doha, colpendo presunti esponenti della leadership politica di Hamas.
Secondo le prime informazioni, tra le vittime ci sarebbero figure di rilievo nel braccio negoziale del movimento islamista, fatto che rende l’attacco non solo un’operazione militare, ma anche un chiaro messaggio politico. Israele ha ribadito di aver colpito “obiettivi strategici” che ospitavano riunioni segrete.
La scelta del Qatar come teatro dell’azione militare ha acceso un dibattito internazionale senza precedenti. Doha, infatti, è da anni mediatore riconosciuto nei negoziati tra Israele e Hamas. Colpire lì significa mettere in discussione equilibri diplomatici faticosamente costruiti. Non a caso, le reazioni del governo qatariota sono state durissime: si parla di violazione del diritto internazionale e di attacco alla propria sovranità nazionale.
Sul fronte interno israeliano, il premier ha ribadito che l’operazione era necessaria per “prevenire futuri massacri” e per indebolire la catena di comando di Hamas. Ma il rischio è che, lungi dall’indebolire il nemico, l’attacco possa rafforzarne la narrativa di vittimizzazione, creando terreno fertile per nuove ondate di violenza.
A Gaza la popolazione, già provata da mesi di bombardamenti, teme ora un’escalation su scala regionale. Le organizzazioni umanitarie parlano di rischio umanitario catastrofico, con l’arrivo dell’inverno e la scarsità di elettricità e carburante.
L’impressione è che la mossa israeliana possa innescare una catena di reazioni incontrollabili: l’Iran ha già condannato apertamente l’attacco, la Turchia ha richiamato il proprio ambasciatore da Tel Aviv e i paesi arabi del Golfo si trovano ora a un bivio. O rafforzano i legami con Israele, in nome della stabilità economica, o si ricompattano a sostegno della causa palestinese.
Una cosa appare chiara: se finora il conflitto sembrava geograficamente circoscritto, l’attacco in Qatar dimostra che le linee rosse sono state superate. La crisi rischia di allargarsi a tutto il Medio Oriente, con conseguenze imprevedibili non solo per la politica regionale, ma anche per gli equilibri energetici globali.